Sonno polifasico: che cos’è e in cosa consiste

Hai mai sentito parlare di sonno polifasico e di microsonni?

Se sei capitato su questa pagina probabilmente sì e la tematica ti ha incuriosito a tal punto che hai deciso di approfondirla.

La maggior parte di noi è abituata al sonno monofasico, basato sul ciclo giorno-notte.
E’ inoltre una convinzione comune, anzi quasi una credenza popolare, il fatto che per sentirsi sufficientemente riposati bisogna dormire otto ore a notte.

Sappi che non è così; in questo articolo l’Università Telematica Niccolò Cusano di Napoli stravolgerà tutte le tue convinzioni sul sonno, introducendo metodologie che consentono di dormire molto meno delle canoniche otto ore notturne e di sentirsi comunque riposati e sufficientemente rigenerati.

Per i non addetti ai lavori e per i comuni mortali dormire significa riposarsi fisicamente e mentalmente dai ritmi, dagli impegni e dai pensieri quotidiani.
Per gli esperti del settore e per gli addetti ai lavori il sonno è fondamentale per l’essere umano per ragioni ben più scientifiche; in particolare contribuisce in maniera importante al metabolismo del cervello, al bilanciamento del metabolismo del glucosio, alla produzione di anticorpi, all’eliminazione delle tossine, al riposo cardiovascolare, al consolidamento della memoria.

Il sonno è un processo che cambia a seconda dell’età.
Proviamo a spiegarci meglio con qualche esempio: il sonno di un neonato è polifasico, quello di un bambino è bifasico (prevede il cosiddetto ‘riposino pomeridiano’) mentre quello di una persona adulta è prevalentemente monofasico. Nell’età senile il monofasico diventa spesso polifasico ultradiano, ossia prevede sonnellini diurni piuttosto frequenti.

Il sonno polifasico può diventare un’abitudine che consente di ottimizzare i tempi destinati al riposo.

Prima però di entrare nel dettaglio è d’obbligo partire dall’inizio, da una panoramica sul processo che caratterizza il sonno in generale.

Fasi del sonno

Che si dorma 6, 8 o 12 ore a notte, che si opti per il tradizionale monofasico o si preferisca il polifasico: sappiamo bene che il sonno non è uguale per tutta la sua durata.

Sulla base di test ed esami, basati sul monitoraggio delle onde cerebrali e dei movimenti sia oculari che muscolari, gli studiosi hanno evidenziato le due fasi principali del sonno:

  • fase NREM (non REM)
  • fase REM

Fase NREM

L’acronimo NREM, con il quale è identificata la prima fase del sonno, sta per Not Rapid Eye Movement e indica il processo durante il quale gli occhi ‘non si muovono in maniera rapida’.

Dura complessivamente fino a 90  minuti e prevede a sua volta quattro differenti stadi, che si susseguono in progressione:

  1. fase di addormentamento, che comunemente noi comuni mortali definiamo ‘dormiveglia’;
  2. sonno leggero, durante il quale i muscoli iniziano a rilassarsi;
  3. sonno profondo;
  4. sonno molto profondo, durante il quale avviene l’effettiva rigenerazione dell’organismo.

Ogni ciclo è composto da una sorta di progressione che conduce dal primo al quarto stadio, dopo il quale sopravviene la fase REM.

Fase REM

L’acronimo REM sta per Rapid Eye Movement. La fase dura mediamente tra i 10 e i 15 minuti e rappresenta la fine di un ciclo, dalla quale poi si riparte con la fase NREM.

Così come si evince dall’acronimo stesso il processo è caratterizzato da un movimento rapido degli occhi, accompagnato da un’intensa attività cerebrale (il soggetto sogna).
E’ paradossale che mentre a livello mentale si registra un ‘movimento’ piuttosto frenetico a livello fisico la maggior parte dei muscoli volontari resta praticamente immobile.
Non a caso la fase REM è definita ‘sonno paradosso’, in contrapposizione alla fase NREM che viene definita ‘sonno ortodosso’.

Ogni notte si verificano mediamente 4 o 5 cicli completi, ognuno dei quali composto dai 4 stadi non REM e dalla fase REM.
Ciò che cambia a seconda della parte della notte in cui ci si trova è la prevalenza di uno o dell’altro stadio; ad esempio, nella prima parte della notte si registra una prevalenza degli stadi 3 e 4 (NREM) mentre in mattinata a prevalere sono è lo stadio 2 (NREM) seguito dalla fase REM.

microsonni

Sonno polifasico

Compreso a grandi linee come funziona il riposo tradizionale di un essere umano concentriamoci sul focus del nostro post e cerchiamo di capire cos’è il sonno polifasico.

Partiamo dalla definizione fornita da Wikipedia:

“il sonno polifasico, termine coniato dallo psicologo J.S. Szymanski nel primo XX secolo, si riferisce alla pratica di dormire diverse volte durante la giornata, in contrasto con il sonno bifasico (due volte al giorno) e il sonno monofasico (una volta al giorno)”

Abituati a dormire la notte il concetto sembra assurdo; se però consideriamo che la fase veramente importante di un intero ciclo di sonno è quella REM, che dura in totale due ore, è facile dedurre che tutto il resto è tempo ‘sprecato’.

Inutile precisare che le affermazioni di cui sopra scaturiscono da studi e analisi condotte nel corso degli anni; i risultati hanno dimostrato che il cervello dell’uomo non ha bisogno di 6/8 ore di sonno a notte.

Il cervello è in grado di migliorare la qualità del sonno quando sa di dover dormire di meno; la sua capacità, in tal senso, consiste nel riuscire ad entrare più rapidamente nella fase REM.

Metodi

Esistono varie tipologie di sonno polifasico, ognuno delle quali prevede riposini diurni ad intervalli diversi.
Analizziamole nel dettaglio:

  • Metodo bifasico
    E’ la metodologia più semplice da applicare in quanto prevede, come suggerisce il nome stesso, soltanto due fasi. La metodologia consiste nel dormire due volte al giorno, per un totale di 5 ore e mezza, per cui può essere applicata anche da chi sostiene ritmi quotidiani piuttosto frenetici.
  • Metodo Everyman
    Il nome suggerisce la finalità della metodologia; ‘everyman’ tradotto in italiano significa ‘ogni uomo’ il che significa che si allinea alle esigenze di chiunque non abbia la possibilità di seguire il più rigido metodo Uberman, che spiegheremo di seguito.
    Il metodo prevede 4 sessioni di sonno per un totale di 4 ore e mezza al giorno, di cui tre ore sono destinate al riposo notturno e la rimanente ora e mezza va suddivisa in tre riposini da mezz’ora ciascuno.
  • Metodo Ubermann
    E’ la metodologia giusta per chi desidera ridurre al massimo, e ottimizzare, il tempo destinato al sonno.
    Abbiamo scelto di inserirla all’ultimo posto del nostro elenco semplicemente perché è la più dura delle tre. In realtà è stata la prima ad essere scoperta e utilizzata; le altre due sono state sperimentate successivamente come alternative, più flessibili, adatte a tutti.
    Uberman prevede due ore di sonno al giorno, il riposo minimo indispensabile per il corpo umano. Non a caso la fase REM notturna che generalmente caratterizza un ciclo di riposo tradizionale è di due ore.
    I 120 minuti sono suddivisi in sei sessioni (una ogni quattro ore) ognuna delle quali composta da 20 minuti di sonno.
    La caratteristica che ne rende difficoltosa l’applicabilità consiste nel rispetto degli orari e degli intervalli; il metodo Ubermann non permette margini di flessibilità per cui considerando i ritmi quotidiani della maggior parte degli esseri umani non riscontra grande successo nella realtà.
    Risulta invece particolarmente indicato per gli studenti universitari che frequentano corsi di laurea online e studiano da casa.

La scelta di un metodo piuttosto che di un altro è subordinata alle esigenze personali, alla routine giornaliera e agli impegni quotidiani lavorativi e/o familiari.

Ciò che conta, al di là della tipologia selezionata, è cercare di essere costanti e rispettare i tempi previsti dalla metodologia. Soltanto così sarà possibile abituare il corpo ad entrare più velocemente nella fase REM.

Rischi

Quando si parla di sonno polifasico è inevitabile citare anche i rischi connessi.

Secondo alcune teorie non risulterebbe nocivo se seguito soltanto per periodi di tempo limitati (es. sei mesi).

Dai test effettuati fino ad oggi è emersa una diminuzione delle capacità creative e un leggero calo dell’attenzione durante le ore pomeridiane.

Un altro svantaggio potrebbe tradursi nel fatto che il sonno monofasico aumenta le difese immunitarie per cui è più efficace nei processi di guarigione.

Per il resto non sembrerebbero esserci particolari controindicazioni.


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