Scuola classica: ambiti di studio ed esperienze

Il pensiero che lo Stato ostacola l’efficienza del sistema economico affonda le sue radici nella scuola classica, e nel periodo storico che segue la rivoluzione industriale e la nascita del capitalismo.

Gli economisti classici, che in ordine cronologico rappresentano la terza scuola di pensiero economico, dopo il mercantilismo e la fisiocrazia, si basano sulla teoria del liberismo economico.
Il libero mercato viene considerato la leva fondamentale per il benessere socio-economico.

Economia classica: le origini

La nascita della scuola classica viene fatta coincidere temporalmente con la pubblicazione dell’opera di Adam Smith ‘An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations’, avvenuta nel 1776.

Non a caso Adam Smith è considerato il fondatore della scuola di pensiero incentrata sulla teoria del ‘laissez faire’.

Nella sua opera, il cui titolo tradotto in italiano diventa ‘Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni’, lo studioso estende a tutti i settori dell’economia la teoria introdotta dai fisiocratici nel settore agricolo.

Partendo dal pensiero fisiocratico, l’analisi dell’economista scozzese si allarga a tutti i fattori produttivi; un’analisi che non è focalizzata esclusivamente sul settore agricolo, ma che si estende a fattori come il lavoro, il capitale, i salariati e i redditieri.

In particolare, Smith sostiene la tesi che limita l’intervento pubblico in ambito economico, a favore di un mercato libero di risolvere le eventuali problematiche. Un mercato in cui le decisioni dei singoli individui, e quindi il perseguimento dei personali interessi, conducono in maniera naturale al benessere.

In contrapposizione alla scuola di pensiero fondata sul mercantilismo, la teoria di Smith punta ad eliminare le barriere agli scambi, ovvero ad agevolare un liberismo economico che attraverso un naturale funzionamento del mercato rende superfluo qualsiasi intervento pubblico.

La scuola classica è quindi incentrata sull’individuo.

Il pensiero classico e le relative teorie

Conoscere la scuola classica è fondamentale per chiunque desideri intraprendere studi ad indirizzo economico. La conoscenza del pensiero incentrato sul libero mercato garantisce le basi essenziali per comprendere e analizzare la moderna economia.
Non a caso l’argomento rientra tra gli approfondimenti dei corso di laurea in economia aziendale a Napoli attivato dall’università telematica Niccolò Cusano.

Il pensiero classico si sviluppa in seguito ad un periodo storico particolare, caratterizzato da una serie di importanti cambiamenti sia economici che politici.
L’epoca in questione è quella interessata dalla rivoluzione industriale, con le relative innovazioni tecnologiche, e dalla nascita del capitalismo.

Il pensiero classico è incentrato sull’individuo, e sulla convinzione che in ambito economico esista un ordine naturale.
In altre parole i classici sostengono che esiste una sorta di ‘mano invisibile’, che attraverso l’azione di ogni singolo individuo conduce a una sinergia che determina naturalmente un benessere collettivo.
Ciò significa che ognuno, nel perseguire i propri interessi, promuove indirettamente e inconsapevolmente anche gli interessi della società.

Tutto il processo avviene quindi in maniera naturale, senza alcun intervento da parte dello Stato o di chi per esso.

Come accennato nel corso della premessa la scuola classica ‘immagina’ il libero mercato come un’istituzione in grado di garantire un utilizzo ottimizzato dei fattori produttivi e una suddivisione efficiente delle risorse all’interno del sistema economico.

In conclusione: il mercato è regolato da leggi proprie, che possono essere scientificamente studiate.

Per rendere una panoramica chiara e immediatamente comprensibile della scuola classica abbiamo raccolto nel seguente elenco i principi cardine del pensiero incentrato sul mercato libero:

  • Rimozione degli ostalcoli e delle limitazioni agli scambi
  • Allocazione ottimizzata delle risorse
  • Formazione ‘naturale’ dei prezzi di mercato
  • Offerta = elemento determinante per la formazione dei prezzi delle merci
  • Domanda = elemento determinante per la quantità delle merci
  • Analisi economica incentrata su: capitale, lavoro, rendita, salari

 È d’obbligo a questo punto introdurre il concetto di liberismo, per il quale riportiamo la definizione fornita dal sito Wikipedia:

“Il liberismo (detto anche liberalismo economico, liberismo economico o libertà di mercato) è un sistema economico nel quale lo Stato si limita ad assicurare funzioni pubbliche che non possono essere soddisfatte per iniziativa individuale, e a garantire con norme giuridiche la libertà economica e il libero scambio, e a offrire beni che non sarebbero prodotti a condizioni di mercato per assenza di incentivi.”

Si tratta quindi di una teoria basata sul diritto di libertà dell’uomo; un diritto inalienabile che parte dalla sfera individuale per arrivare a quella economica.

I tre principi sui quali si fonda il liberismo sono:

  • Libertà di iniziativa del privato
  • Equilibrio del mercato
  • Esclusione dello Stato

Tale sistema, adottato in Europa inizò ad essere progressivamente abbandonato a partire dal 1860, quando i paesi continentali affacciandosi in ritardo sulla scena economica mondiale rischiavano di essere penalizzati dal principio.

In seguito alle spese sostenute durante i conflitti bellici la situazione economica del paese risultava estremamente compromessa per cui il concetto di autoregolamentazione del mercato non era più attuabile. L’intervento pubblico si rese praticamente indispensabile.

L’idea liberista torna alla ribalta dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando sul mercato si inizia a parlare di ‘neo-liberismo’, nell’ambito del quale l’intervento dello Stato era limitato ai casi di estrema difficoltà.

Credits immagine: DepositPhoto.com/borkus


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